domenica, ottobre 10, 2010

Fumetto e Comunicazione - prima parte

Tre weekend fa sono stata a Monza per partecipare alla manifestazione SlowComics, a proposito della quale un mio reportage è stato appena pubblicato su Lo Spazio Bianco. In particolare mi era stato chiesto di contribuire al convegno intitolato “Quale fumetto per il futuro”.

Appena arrivata nella sala incontri ho avuto il piacere di rivedere, dopo taaaaanti anni, Antonio Serra, che conserva un posticino speciale nel mio cuore dal momento che è stato il primo sceneggiatore di fumetti a darmi una mano quando stavo preparando il mio primo testo universitario appunto sui fumetti: una tesina su Nathan Never che avrebbe costituito il mio esame di Semiotica I.

Ciao Nathan, ciao Antonio. Grazie ancora. :-)

Antonio è arcinoto per essere molto pessimista riguardo a tutto ciò che concerne il mercato del fumetto, il suo futuro, il destino di sceneggiatori e disegnatori, eccetera. In cinque minuti di chiacchiere, mi ha fatto notare che ad ascoltare il convegno c’erano solo ed esclusivamente degli operatori di settore, niente pubblico “vero”, niente lettori. «Non vedi?», mi ha detto, «quello dei fumetti sembra quasi un mini-mercato che si autoalimenta: ormai i lettori e i produttori sono le stesse persone». Il che è come parlare di un mercato che sta morendo, perché da che mondo è mondo, per ogni mercato dev’esserci chi produce e chi consuma.

Sono salita sulla pedana dei relatori rimuginando tristemente sulle parole di Antonio. Ho potuto rimuginare a lungo perché ho avuto la fortuna di essere interpellata per ultima, quindi ho cercato di fare del mio meglio affinché il mio contributo fosse in qualche misura utile e, soprattutto, legato ai temi esposti dagli altri relatori.

I dieci dell'Apocalisse... [foto (c) Emanuela Oliva]

Per definire un po’ il contesto, riprendo alcune righe dal reportage di cui dicevo.

Presenti, al tavolo dei relatori, Paola Pallottino, Laura Scarpa, Alfredo Castelli, Vittorio Pavesio, Gianni Miriantini, Sergio Pignatone, Luigi Bona, Padre Stefano Gorla, Luca Raffaelli e la sottoscritta. Si sono affrontati vari argomenti e si è cercato di andare oltre il pessimismo (peraltro non ingiustificato) che ci coglie un po’ tutti, quando pensiamo al futuro del fumetto osservando l’evoluzione – o meglio l’involuzione – del mercato negli ultimi anni. Si è parlato di emorragia di lettori, di fiere in cui si vedono sempre le stesse facce e gli standisti fanno acquisti fra loro, di crisi economica, di tendenze, di differenze fra mercato italiano e mercato francese, nonché fra sponsor di alto livello e sponsor di piccolo-medio livello, della necessità di regolamentare l’editoria online prima di poterla considerare una vera alternativa a quella cartacea, del Giornalino con il suo continuo ricambio di lettori, dello scarso impegno delle istituzioni nel promuovere il linguaggio del fumetto e la cultura in generale, della necessità – da parte degli operatori del settore – di fare di necessità virtù sfruttando ogni canale promozionale possibile, specie quelli a basso costo legati a Internet, che se utilizzati con creatività e fantasia possono dare risultati utili.

Ecco, l’ultima parte (quella sul fare di necessità virtù) era il succo del mio intervento, succo che qui vorrei un po’ approfondire. In sostanza ho fatto un discorso, forse inizialmente un po’ sbilenco ma che alla lunga ha riscosso interesse e qualche complimento (mandandomi in brodo di giuggiole), che saltellava fra economia, finanza, marketing e pubblicità. Temi dei quali non mi sono mai interessata per mestiere, eppure ascoltando gli interventi dei miei compagni di convegno, e ripensando alle pessimistiche osservazioni di Antonio Serra, continuavo a dirmi: “qui il problema è uscire dal nostro micro-mondo, dalla nostra tana, agganciare nuovi lettori, farci notare fuori”. Ora che ci penso, diceva qualcosa del genere anche Diego Cajelli sul suo blog, per l’esattezza qui e qui.

Una faina esce pianin pianino dalla sua tana.

Mi piace l’idea di riprendere e allargare il mio intervento, in questo e altri post del mio blog, perché posso aggiungere link e video che, lì nella sala incontri di SlowComics, per ovvi motivi non erano a mia disposizione (più qualche immagine per sdrammatizzare). Dico “questo e altri post” perché il discorso è lunghetto, quindi meglio farlo a puntate (mi ci vorrà qualche giorno). E come per ogni discorso lunghetto degno di questo nome, parto dalle premesse.

Premessa numero uno. Tutto, dico tutto, quel poco che ho capito di pubblicità, marketing, comunicazione e cose del genere, l’ho capito negli ultimi due anni leggiucchiando siti e/o blog in giro per la rete (più qualche libro). In particolare quattro siti e/o blog, gestiti da quattro donne: Luisa Carrada, Giovanna Cosenza, Mariella Governo e Annamaria Testa. Facciamo quattro blog e mezzo se aggiungo anche Loredana Lipperini. Ne ho visitati anche altri, ma quei quattro li visito più frequentemente. Se ho travisato o male interpretato qualche contenuto offerto da queste fonti, sia chiaro che la colpa è mia, non loro.

Premessa numero due. Aver leggiucchiato in giro per la rete mi fornisce autorevolezza professionale in materia? Nemmeno per sogno. Mi limito a riportare concetti e case history che ritengo interessanti in generale, e quindi potenzialmente interessanti anche per quel che riguarda nello specifico il mondo dell’editoria a fumetti. Insomma non è che improvvisamente io sia diventata un’esperta di comunicazione, anzi ho gravi lacune in materia. Però da qualche parte si deve pur cominciare: tanto per dire, se dopo anni di leggiucchiamenti e curiosità varie in materia di economia e finanza, sono diventata capace di gestire i miei risparmi investendoli con soddisfazione, forse prima o poi mi scapperà fuori anche un’idea non disprezzabile per fare comunicazione sul Fumetto. Nel frattempo, può essere che scappi fuori a qualcuno più ferrato e più creativo di me. Nel qual caso, ben venga!!!

- fine prima parte -

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